La carne umana, la vita di Gesù

Il cristianesimo è la più corporale delle religioni. Crediamo che è stato Dio a creare questi corpi e a dire che erano cosa molto buona. Dio si è fatto corpo fra di noi, essere umano come noi. Gesù ci ha dato il sacramento del suo corpo e ha promesso la resurrezione dei nostri corpi. Sicché dovremmo sentirci a casa nella nostra natura corporale, appassionata…
Noi tendiamo a vedere i nostri corpi semplicemente come oggetti che ci appartengono. […] Ma l’Ultima Cena guarda ad una tradizione più antica e più saggia. Il corpo non è solo una cosa che possiedo, sono io, è il mio essere come dono ricevuto dai miei genitori e dai loro prima di loro e, in ultima istanza, da Dio. Per questo quando Gesù dice «Questo è il mio corpo, offerto per voi» non sta disponendo di qualcosa che gli appartiene, sta passando agli altri il dono che lui è. Il suo essere è un dono del Padre che Egli sta trasmettendo. […]
Quando celebriamo l’eucarestia, ricordiamo che il sangue di Cristo è versato «per te e per tutti». Il mistero dell’amore, nel più profondo, è insieme particolare e universale. Se il nostro amore è solo particolare, allora corre il rischio di diventare introverso e soffocante. Se è solamente un vago amore universale per tutta l’umanità, allora corre il rischio di diventare vuoto e senza senso. La tentazione per una coppia è di tenersi un amore intenso ma chiuso ed esclusivo. Si salva appena dall’essere distruttivo con l’arrivo di una terza persona, il bambino che espande il loro amore. La tentazione dei celibi potrebbe essere tendere verso un amore che è solamente universale, un vago e caldo amore per tutta l’umanità. Dickens ci parla, in Black House, di Mrs. Jellyby che aveva una «filantropia telescopica», perché non poteva vedere niente che fosse più in qua dell’Africa. Amava gli africani in generale, ma non si curava della vita dei propri figli.

Non possiamo rifugiarci in questa filantropia telescopica. Avvicinarci al mistero dell’amore significa anche amare, persone concrete, alcune con amicizia, altre con profondo affetto. Dobbiamo imparare ad integrare questi amori nella nostra identità come religiosi, come sposati o come single. […]

È difficile immaginare una celebrazione dell’amore più realista dell’Ultima Cena. Non ha niente di romantico. Gesù dice ai suoi discepoli semplicemente e liberamente che è arrivata la fine, che uno di loro lo ha tradito, che Pietro lo rinnegherà, che gli altri fuggiranno. Non è una scena da lume di candela in un ristorante, questo è realismo portato all’estremo. Un amore eucaristico ci fa scontrare in pieno con la complessità dell’amore, con i suoi successi e la sua vittoria finale.
È reale solo il momento presente. Sono vivo in questo momento, e pertanto è in questo momento che posso incontrarmi con Dio. Devo imparare la serenità di smetterla di essere inquieto per il passato e per il futuro. Ora, il momento presente, è quando comincia l’eternità. Eckhart chiede, «Cosa è oggi?». E lui risponde «eternità».

Nell’Ultima Cena Gesù afferrò il momento presente. Invece di inquietarsi per quello che aveva fatto Giuda, o perché i soldati si stavano avvicinando, egli visse il momento presente, prese il pane e lo spezzò e lo offrì ai discepoli dicendo, «questo è il mio corpo, offerto per voi». Ogni eucarestia ci immerge in questo presente eterno. È in questo momento che possiamo farci presenti all’altra persona, silenziosi e quieti in sua presenza. Ora è il momento in cui posso aprire gli occhi e guardarla. È perché sono tanto occupato correndo da tutte le parti, pensando a quello che succederà dopo, che può capitare che non veda il volto che ho di fronte, la sua bellezza e le sue ferite, le sue gioie e le sue pene. […]

Imparare ad amare è un compito difficile. Non sappiamo dove ci porterà. La nostra vita ne sarà stravolta. Capiterà che ci faremo male. Sarebbe più facile avere cuori di pietra che cuori di carne, però allora saremmo morti! Se siamo morti non possiamo parlare del Dio della vita. Però come trovare il coraggio di vivere passando per questa morte e resurrezione?
In ogni eucarestia ricordiamo che Gesù ha sparso il suo sangue per il perdono dei peccati. Questo non significa che doveva placare un Dio furioso. Né significa solamente che se sbagliamo possiamo andare a confessare i nostri peccati ed essere perdonati. Significa molto di più. Significa che, in ogni nostra battaglia per essere persone che amano e sono vive, Dio è con noi. La grazia di Dio è con noi nei momenti di caduta e di confusione, per metterci di nuovo in piedi. Nello stesso modo in cui con la domenica di Pasqua Dio ha convertito il venerdì santo in un giorno di benedizione, possiamo stare sicuri che tutti i nostri tentativi di amare daranno frutto. E perciò non abbiamo nulla da temere! Possiamo addentrarci in questa avventura, con fiducia e coraggio.

Timothy Radcliffe

Con le parole di Veronica

Mentre stavo per andare alla santa comunione, sembrava che il mio cuore si spalancasse, come quando si apre una porta per far entrare qualche caro amico: appena è entrato, subito si chiude. Così faceva il cuor mio: si serrava, da solo a solo, col suo Dio. E qui mi pare impossibile raccontare tutti gli effetti, i movimenti, i salti, le allegrezze e la festa che faceva.

L’amore lo fa saltare e ballare; l’amore lo fa giubilare e far festa; l’amore lo fa cantare e stare quieto come più gli piace; l’amore lo pone in riposo e in faccende; l’amore lo possiede e lui si rende a tutto; l’amore è il dominatore e lui riposa. Infatti, non posso dir più, perché se si volessero raccontare tutti gli effetti che il cuore fa nell’atto della santa comunione, io non finirei mai di dire: basta dire che è stanza e palazzo dello stesso amore.

(D V, 756-757)