In quel tempo, Gesù espose alle folle una parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: «Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?». Ed egli rispose loro: «Un nemico ha fatto questo!». E i servi gli dissero: «Vuoi che andiamo a raccoglierla?». «No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio».
Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania.
Così accade nella vita degli umani e nella storia del mondo.
Questa scoperta sorprende e rattrista il contadino. Come mai? Perché? Cosa è avvenuto? Sono domande che riguardano il male presente accanto al bene. A un certo punto della nostra esistenza anche noi scopriamo la presenza del male: chi lo ha introdotto in noi e intorno a noi? Perché non ce ne siamo accorti? È un’esperienza anche dolorosa, che richiede un discernimento su di noi e sulla nostra vita. È l’esperienza della comunità cristiana, della chiesa: in essa troviamo forti e deboli, semplici ed eruditi, giusti e peccatori, fedeli e infedeli. Non è stata così anche la piccola comunità di Gesù? Al suo interno vi è chi ha tradito, chi ha rinnegato, chi era pauroso e vile, chi è fuggito…
I servi della parabola, vista la situazione del campo, propongono di estirpare quest’erba infestante. Ai loro occhi tale separazione è necessaria affinché il grano possa crescere senza venire privato di sostanze vitali e di spazio. Ma il padrone ha un’altra ottica: quella della pazienza, dell’attesa paziente di un tempo in cui si possa separare l’erbaccia dal buon grano senza nuocere a quest’ultimo. Egli sa che nel desiderio di sradicare il male c’è il rischio di sradicare, o per lo meno di destabilizzare, anche il bene. Occorre da parte del padrone pazienza e da parte del grano buono un esercizio di mitezza, che accetta accanto a sé la presenza di piante cattive. L’intransigenza, il cercare la purezza a tutti i costi, la rigidità di volere una comunità composta tutta di giusti è pericolosa, perché i confini tra bene e male, tra giustizia e ingiustizia a volte non sono così netti. Questa parabola è un ammonimento sul nostro stile di vita ecclesiale, chiedendo quella pazienza che sa rinviare un atto legittimo anche da parte di chi ne è competente, come i mietitori, e rinviarlo all’ora che non ci appartiene, quella del giudizio. Sì, per i credenti ci sono tentazioni al male proprio quando “vedono” il bene: intolleranza, partigianeria, integralismi, militanza contro… È la tentazione del catarismo: solo puri! (Enzo Bianchi)
“Resistenza e resa” di Dietrich Bonhoeffer
Dio divenuto uomo, è l’imperscrutabile mistero dell’amore di Dio.
Dio ama l’uomo. Dio ama il mondo. Non un uomo ideale, ma l’uomo così com’è; non un mondo ideale, ma il mondo reale. L’uomo e il mondo nella loro realtà, che a noi paiono abominevoli per la loro empietà e da cui ci ritraiamo con dolore e ostilità, sono invece per Dio l’oggetto di un amore infinito.
Mentre noi cerchiamo di superare la nostra umanità e di lasciarla indietro, Dio diventa uomo. Noi facciamo distinzioni fra pii ed empi, tra buoni e cattivi, tra nobili e comuni, Dio ama l’uomo vero senza distinzioni. Egli non sopporta che noi dividiamo il mondo e gli uomini secondo i nostri criteri per erigerci a giudici su di loro. Dio si pone a fianco dell’uomo vero e del mondo reale contro tutti i loro accusatori.
Egli si lascia accusare con gli uomini e con il mondo e trasforma così i suoi giudici in accusati”. Perché “il motivo dell’amore di Dio per l’uomo non si trova nell’uomo stesso, ma in Dio.
Con le parole di Veronica
Il Signore mi fece comprendere la sua onnipotenza e in essa mi fece anche capire un po’ di più quanto gli siamo graditi. Egli, con amore ardente, ci vorrebbe tutti per Sè.
E, mentre mi dava questo lume sopra il suo amore, pareva che si andasse unendo sempre più con l’anima mia. Mi pareva di stare così vicino al Signore, che, col suo riflesso, provavo gioia di Paradiso.
(D I, 261)