Mt 17,1-9

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. […] Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! […] Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». […]

La trasfigurazione segna una svolta nella missione di Gesù dopo la professione di fede di Pietro e la rivelazione da parte di Gesù di ciò che lo attende a Gerusalemme, come necessità umana e divina.

In un luogo appartato viene trasfigurato; le sue vesti divengono candide come la luce e il suo volto brilla come il sole: nella sua umanità fragile e ordinaria si rivela la gloria di Figlio di Dio. Per un attimo i tre sono abbagliati da tanta bellezza e Pietro desidera fermarla per possederla: Signore, è bello per noi stare qui… farò tre capanne…. Pietro vorrebbe restare in questa esperienza di fede come se fosse definitiva, come se la fine dei tempi e la venuta nella gloria di Gesù fossero ormai realtà.

Gesù, invece, avvicinandosi li invita a riprendere il cammino, a ritornare a valle dentro la vita di tutti i giorni, ma con una consapevolezza in più: quando guarderanno, inorriditi, il suo volto disfatto e lacerato sulla croce, dovranno ricordare che è lo stesso che brillò quel giorno.

La nostra speranza, quella che Gesù ci ha donato con la sua morte e risurrezione, non «cade», né deve cadere in ciò che è al di là della storia e della morte. L’aldilà non è il luogo della vita e della felicità, del senso e della gioia mentre l’aldiqua il luogo del male e dell’esilio, delle tenebre e della morte. La bellezza che oggi Gesù ci fa intravedere, non ci introduce in un aldilà alternativo a questo mondo crudele e carnale, ma nel “ritrovamento” o riscoperta del valore e della bellezza di questo aldiqua, nonostante il male e al di là del male.

Siamo tentati come Pietro di rifugiarci nella luce, disincarnandoci dalla storia di questo mondo. Ma la croce ci ricorda che Gesù ha preso sul serio la nostra storia e la nostra libertà.

“Redenzione significa redenzione dalle preoccupazioni, dalle pene, dalle paure e dalle nostalgie, dal peccato e dalla morte, in un al di là migliore. Ma sarebbe questo il punto essenziale dell’annuncio di Cristo contenuto nei Vangeli? Lo nego. […] Il cristiano non ha sempre un’ultima via di fuga dai compiti e dalle difficoltà terrene nell’eterno, ma deve assaporare fino in fondo la vita terrena come ha fatto Cristo” (D. Bonhoeffer, Resistenza e resa).

Ciò che unisce l’aldilà e l’aldiqua è solo l’amore gratuito di Dio che riempie le nostre notti e i nostri giorni. Il suo dono d’amore si colloca al centro della nostra vita, ne è il segreto, il significato, il senso. Solo quando si ama a tal punto la vita e la terra, si può parlare della grazia e vivere la nostra pasqua: il passaggio dalla morte alla vita.

Dalle Lettere di Rainer Maria Rilke

Se nel generale ottenebrasi e smarrirsi dell’umano scorgo dinanzi a me un compito, indipendente e posto con purezza, è unicamente questo: rafforzare l’intimità con la morte grazie alle più profonde gioie e magnificenze della vita; rendere la morte, che mai è stata un’estranea, nuovamente conoscibile e tangibile nella sua qualità di tacita complice di ogni cosa viva. […]

Nessun compito ci è affidato più incondizionatamente del quotidiano imparare a morire; ma non è rinunciando alla vita che si arricchisce la nostra sapienza della morte. […]

Noi dobbiamo accogliere la nostra esistenza quanto più ampiamente ci riesca; tutto anche l’inaudito deve essere ivi possibile.

Con le parole di Veronica

O carità grande di Dio, verso di noi! Per tutti fece lo stesso; e tutti invitò a questo.

Egli non pensava a Sè, ma a noi; tutto faceva per noi; e tutta la sua sofferenza e il merito della stessa sofferenza, è nostro.

Tanti tesori di meriti, di virtù, di opere, tutto è nostro; e tutto sta per noi, se lo vogliamo.

È un gran punto!

Non ho potuto fare a meno di non piangere, considerando lo sviscerato amore di Dio, verso di me misera creatura. Gli dicevo, di cuore: Mio Dio, sono tua. Eccomi pronta a fare il tuo santo volere.

Mi sono sentita accendere il cuore così ardentemente, che mi sentivo bruciare.

(D III, 58)